1911 - La nascita del'Associazione Italiana Arbitri (a cura di AB Gianfranco Baldini)
L’Associazione italiana degli arbitri nasce il 27 agosto 1911 in una sala appartata di un famoso ristorante milanese oggi scomparso, “L’Orologio “, ritrovo gente che apparteneva alla belle époque meneghina.
L’atto di battesimo e i primi anni di vita del nuovo sodalizio scorrono all’insegna
dell’improvvisazione e del volontariato che caratterizzarono gli albori di tutto il calcio italiano. Nonostante che alcune società sportive fossero già state fondate dopo il 1890 e che nel 1898 il Genoa avesse vinto il primo scudetto della storia del calcio, la Fif (Federazione italiana football, così a quel tempo si chiamava la Figc), non si dota fino al 1909 di uno statuto. I campionati sono organizzati e gestiti dagli stessi dirigenti delle società.
E gli arbitri? Fino alla nascita dell’Aia, nel 1911, vale la regola per cui “chi è stato capitano di una squadra diventa automaticamente arbitro”. Meazza prima giacchetta nera.
Grazie a questa norma il primo presidente dell’ Aia, Umberto Meazza, un signore di be1l’aspetto già capitano prima della Mediolanum e poi della Unione Sportiva Milanese, inizia nel 1899 a dirigere le sue prime gare di campionato senza abbandonare l’attività nella società di origine e nello stesso tempo di responsabile (insieme ad altri quattro colleghi, anche loro arbitri) della nazionale italiana di calcio. Proprio Umberto Meazza è uno dei dirigenti che il 27 agosto 1911 (Milano) dà vita all’Associazione Italiana degli Arbitri.
In un articolo apparso sul giornale “La lettura sportiva” del 1911 si chiariscono i motivi e gli scopi che portano alla nascita dell’Aia.
Articolo 1 - E’ costituita a Milano una associazione fra gli arbitri del gioco del calcio sotto la denominazione di “Associazione italiana degli arbitri”
Articolo 2 - L’Aia ha per fini:
a) la difesa e la tutela del decoro e degli interessi dei suoi soci nei limiti della dignità
dell’associazione
b) il perfezionamento del ‘arbitraggio
c ) la discussione sull’interpretazione sul regolamento di gioco in modo da renderlo uniforme per tutti gli arbitri
d) l’istruzione di coloro che volessero iniziarsi all’ufficio di arbitro
e) la spiegazione anche con conferenze pubbliche agli amatori del gioco del calcio sulle regole che lo governano.
Ma nel 1911, dopo ben 14 campionati di serie A, la creazione di un’organizzazione di arbitri autonoma dalle società non poteva essere rimandata ancora per molto.
L’ accentuarsi dell’interesse per questo nuovo sport importato dall’Inghilterra e nei primi anni del secolo ancora abbastanza sconosciuto al grande pubblico, rendeva infatti indispensabile il formarsi all’interno della Federazione di un settore che si occupasse del reclutamento, della selezione e della designazione dei direttori di gara per i singoli campionati, che tra l’altro ogni anno andavano aumentando.
“Un gruppo di volenterosi”
Sempre da un articolo della rivista “La lettura sportiva” a commento della nuova associazione, “Dunque è vero!... Un gruppo di volenterosi ha iniziato e sta per svolgere un alacre lavoro per dare all’arbitraggio la serietà che gli conviene, per tutelare la dignità dell’arbitro, per rendere omogenea l’interpretazione dei regolamenti per affiatare giocatori giudici e pubblico. E benvenuti siano gli ardimentosi che a dispetto di molti santi.... di qualche crumiro, di qualche deficiente, hanno avuto il coraggio di crearsi in associazione a rischio di essere tacciati di leghisti!!!
No, non è una lega quella degli arbitri, se lo mettano bene in testa i luminari del calcio italiano!.
L’AIA è una società di studiosi, di appassionati cultori del gioco, smaniosi di istruirsi e di elevarsi nell’opinione universale.
Aprendo qualunque giornale là dove si parla del gioco del calcio è facile trovare critiche acerbe all’operato dell’arbitro, e se in parte il cronista parla con il fegato, in parte dice il vero, specie quando si trova di fronte a decisioni dubbie, variamente sancite da diversi giudici di campo. La F.I.G.C. per statuto non è stata creata per risolvere questioni tecniche; organo essenzialmente amministrativo essa deve tutelare l’andamento normale del gioco del calcio in Italia, favorirne lo sviluppo, regolare i rapporti tra società e società, e curare l’esatta osservanza dello statuto federale. La Commissione arbitrale può fare molto di più in linea tecnica ma il suo mandato diretto è quello di risolvere secondo il regolamento le questioni che volta a volta nascono nello svolgersi delle partite; non è lavoro né da poco, né facile.
Era quindi necessaria un’associazione fra arbitri che all’infuori dell’Ente federale, ma con
l’appoggio del medesimo, si occupasse dello studio dei vari regolamenti seguendo da vicino e mettendo in pratica le norme indette dai congressi interfederali, cercando l’uniformità dell’arbitraggio, formando nuove reclute, sottoponendo le proprie eventuali decisioni a congressi nazionali e internazionali di arbitri, in collaborazione alla Commissione arbitrale federale. Il primo presidente dell’Aia è Umberto Meazza, che solo dopo un anno si dimette per essere sostituito da Enrico Canfari, socio fondatore del Football Juventus di Torino. Canfari muore durante la guerra e il suo posto è occupato da Luigi Bosisio, anche lui giocatore della Mediolanum.
La presidenza Bosisio dura fino al 1922 quando sale sullo scranno più alto dell’associazione chi ancora oggi è considerato il padre dell’arbitraggio italiano: Giovanni Mauro. Il suo avvento e la sua opera chiudono l’era pionieristica dell’Aia per aprirne una fatta di organizzazione e di efficienza.
L’attività di Mauro è volta soprattutto a due obiettivi fondamentali:
1) creare nei direttori di gara una profonda coscienza di categoria, un forte spirito di bandiera e l’assoluta coscienza che il mondo arbitrale rappresenti l’unica aristocrazia del calcio;
2) puntare il più possibile verso una posizione di indipendenza nei riguardi della Federcalcio e quindi delle società con le quali, nonostante che l’AIA sia stata fondata da un paio di lustri, permangono ancora legami molto stretti. Sono, infatti, le squadre di calcio che negli anni Venti forniscono gli elenchi degli arbitri che poi l’AIA deve utilizzare.
Lo stesso Giovanni Mauro mantiene in quegli anni una posizione di preminenza all’interno dell’Internazionale di Milano, fondata nel 1908.
Il grande merito di Mauro è di aver intravisto il futuro, comprendendo per primo il rischio di una contiguità tra arbitri e società.
I primi dirigenti
11 primo capitolo della storia dell’AIA si chiude nel 1926 quando viene approvata la cosiddetta Carta di Viareggio che stravolge e uniforma l’organizzazione interna della F.I.G.C. L’ A.I.A. è sciolta e sostituita con il Cita (Comitato Italiano Tecnico Arbitrale) a cui sono affidati i compiti della designazione dei direttori di gara, della loro disciplina e dell’aggiornamento dei regolamenti in base alle disposizioni dell’Ifab.
Alla guida di questo nuovo organismo viene chiamato Giovanni Mauro
A cura di AFQ Gianfranco Baldini